UnipolSai è cosa fatta anche in Piazza Affari: poste le ultime firme sull’atto di fusione tra la compagnia bolognese e l’ex «casa» Ligresti, il secondo gruppo delle polizze italiano alle spalle delle Generali ha esordito sul listino milanese chiudendo, dopo uno strappo iniziale, quasi piatto (+0,08% a 2,45 euro) per una capitalizzazione pari a 6,5 miliardi.
Fiammata dei titoli di risparmio «A» (+5%) e «B» (+7,8%), mentre è risultata poco mossa la holding Ugf (+0,14%). All’amministratore delegato Carlo Cimbri restano
però soltanto otto giorni per obbedire agli ordini impartiti 18 mesi fa dall’Antitrust ed evitare di affrontare il derby delle polizze con le Generali di Mario Greco, con le gambe «tagliate» da una sanzione che ammonterebbe perlomeno a 150 milioni.
Se Bologna, dopo aver fallito la cessione entro il limite del 31 dicembre, non riuscirà a vendere gli asset in eccesso neppure da qui al 14-15 gennaio, l’Authority potrebbe avviare la «procedura di inottemperanza»: la multa minima prevista è l’1% del fatturato (15,5 miliardi nel 2012) ma può lievitare fino al 10 per cento. Un bel problema per Cimbri, che si trova costretto tra il diktat Antitrust e l’offerta (sembra non molto generosa) avanzata dai belgi di Ageas al termine della due diligence.
L’alternativa sarebbe strappare al collegio presieduto da Giovanni Pitruzzela una proroga che però, da quanto trapela, non potrebbe che essere «mini» e quindi difficilmente sufficiente a individuare un acquirente diverso da Ageas. Il pacchetto in vendita comprende sia Liguria sia i marchi Milano e Sasa, ma gli asset effettivamente ceduti da UnipolSai dovrebbero risultare un po’ meno degli 1,7 miliardi inizialmente previsti. L’Authority conduce infatti il suo esame provincia per provincia (le singole quote di mercato non possono essere superiori al 30%) ma le vecchie Unipol e Fonsai erano da tempo impegnate a ripulire il proprio portafoglio, liberandosi dei contratti meno redditizi. Nell’ormai ex Unipol il processo è stato accompagnato dall’introduzione del nuovo contratto agenti, che è calibrato sul loss ratio di agenzia per premiare i venditori più performanti: le commissioni variano tra il 10 e il 17 per cento. Entro il 2015 tale accordo – e questa è la seconda sfida di Cimbri – sarà esteso all’intera rete del gruppo (quindi all’ex Fonsai) dopo la migrazione software di quest’anno. L’esito sarà concentrare tutto il back office negli uffici centrali, così da liberare le agenzie dalle mansioni considerate «improduttive». Un modello simile a quello seguito nel credito da Mediobanca con CheBanca! e che anche Bologna potrebbe accompagnare approntando un restyling dell’arredo agenzie.
A Cimbri rimane poi il compito di rispettare il percorso del piano industriale che per il 2015 fissa i profitti a 814 milioni dopo 350 di sinergie. Di certo non gioverà la situazione della controllata Unipol Banca, l’avamposto creditizio destinato a fondersi con Banca-Sai e per cui Bologna potrebbe essere presto costretta a mettere le mani nel portafoglio per risollevarne il patrimonio: il 67% fa capo a Ugf, il 33% a UnipolSai. Allo stesso modo continuano a non brillare i risultati della catena alberghiera AtaHotels, che Cimbri ha ereditato dalla famiglia Ligresti al momento dell’acquisizione-salvataggio di Fondiaria e che è da sempre considerata dagli analisti una palla al piede del gruppo, anche per la sua quasi nulla attinenza con il core business delle polizze.