Decine di amministrazioni comunali rimaste “scoperte” in tutt’Italia, assieme a innumerevoli enti pubblici, prefetture, ministeri e la stessa Agenzia delle Entrate.
Tutti raggirati da Antonio Castelli, il “Madoff torinese”, nome di spicco della lista Falciani, già arrestato nel 2012 per raccolta abusiva di risparmi
Più di duecento Comuni rimasti “scoperti” in tutt’Italia, compreso quello di Torino, la Provincia, la Regione. Assieme a innumerevoli enti pubblici, prefetture, ministeri e la stessa Agenzia delle Entrate. Sono le vittime di Antonio Castelli, il Madoff torinese della truffa, nome di spicco della lista Falciani, già arrestato a dicembre 2012 per abusivismo finanziario e raccolta abusiva di risparmi: meno di un anno fa, nell’agosto 2013, la Finanza gli aveva sequestrato immobili, quote societarie e una Porsche. Castelli è stato di nuovo denunciato assieme a due presunti complici: a lui la Guardia di finanza ha ricondotto anche la società Ucf, con sede legale a Milano ma centrale operativa a Torino (oggi fallita), che, indisturbata, rilasciava polizze fideiussorie senza averne titolo e soprattutto senza avere le coperture finanziarie che prometteva ai suoi clienti e che i clienti, a loro volta, offrivano come garanzia a enti pubblici e privati.
Accadeva così che un privato che avesse chiesto all’Agenzia delle entrate di rateizzare un debito fornendo a garanzia la sua polizza, in realtà si sarebbe trovato con nulla in mano e l’agenzia, in caso di mancato pagamento, non avrebbe avuto nulla su cui rivalersi. Le polizze spazzatura, sparse in tutt’Italia, sono 5875, ora tutte sotto sequestro, per un valore di 460 milioni di euro. Solo quelle presentate all’Agenzia delle entrate a garanzia di qualche debito valevano 40 milioni.
Tra le vittime delle polizze abusive ci sono anche comuni come Roma e Milano, prefetture e addirittura ministeri: tutti enti che non sapevano di aver dato fiducia a incartamenti che non avevano copertura economica. La Guardia di finanza, che ora sta avvisando tutte le vittime della truffa, ha denunciato gli amministratori della società oggi fallita. L’indagine era partita proprio dai primi controlli che avevano portato Castelli in carcere.