Scandalo Fonsai, il manager Erbetta patteggia tre anni

saiEra l’amministratore delegato della compagnia assicurativa. Dovrà risarcire le associazioni dei consumatori

Tre anni di reclusione e 200 mila euro di multa. È la pena patteggiata in tribunale a Torino dal manager novarese Emanuele Erbetta, 61 anni, già amministratore delegato Fonsai finito nell’inchiesta sul falso in bilancio che ha coinvolto tutti i vertici della compagnia assicurativa guidata dalla famiglia Ligresti.

Dopo le condanne dell’11 ottobre del patron Salvatore Ligresti e della figlia Jonella (6 anni il primo e 5 anni e 8 mesi la seconda) e dell’altro ex ad Fausto Marchionni (5 anni e 3 mesi), martedì i giudici del capoluogo regionale hanno accolto la richiesta di applicazione pena che la stessa difesa di Erbetta aveva avanzato oltre un anno fa, nel luglio 2015.

La sua posizione era stata «congelata» in attesa della conclusione del processo per gli altri imputati. I 200 mila euro di multa, tra l’altro, diventano inesigibili visto che l’ex manager ha già pagato una sanzione amministrativa della Consob. Sono stati inoltre stabiliti l’interdizione dai pubblici uffici per un anno e quattro mesi e risarcimenti per una lunga serie di consumatori parte civile anche con le associazioni di settore.

Falso in bilancio  

Nell’ipotesi accusatoria, il gruppo dirigente aveva falsificato il bilancio Fonsai del 2010 (approvato nel 2011) creando un danno per migliaia di risparmiatori, e aveva occultato un «buco» da 600 milioni nella riserva sinistri privando così gli investitori di informazioni corrette sui titoli azionari. Quella di Erbetta era una delle posizioni ritenute più gravi assieme a quella del collega Marchionni: i due dopo aver ricevuto i primi avvisi di garanzia (maggio 2013), avevano tentato di influenzare le indagini della Procura cercando di fare pressione sui testimoni e di risalire ai consulenti tecnici. Venne arrestato nel luglio dello stesso anno.

Si è sempre difeso  

Il manager si è sempre detto estraneo ai fatti: nel corso dei diversi interrogatori ha ribadito che del bilancio oggetto dell’indagine non sapeva assolutamente nulla, avendo assunto l’incarico di ad dal 27 gennaio 2011 e avendo firmato il conto economico, redatto da altri colleghi, sotto garanzia di una totale correttezza contabile.

Poi a processo iniziato il colpo di scena: la decisione di mettere una pietra sopra la vicenda il più in fretta possibile con il patteggiamento, col consenso della Procura.

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