Un quadro impietoso, molto lontano da quel sogno di sanità digitale che ridisegnerà un settore in grande difficoltà. È quello che emerge dal XIX Rapporto Pit Salute del Tribunale per i diritti del malato – Cittadinanzattiva, presentato oggi a Roma, dal titolo “Servizio sanitario nazionale: accesso di lusso” e che si basa su 21.493 segnalazioni giunte nel corso del 2015.
I dati raccolti parlano di difficoltà di accesso alle prestazioni (soprattutto complesse come visite, interventi, PMA), cattive condizioni delle strutture, difficoltà nel rapporto con medici di famiglia e pediatri, deficit e costi dell’assistenza residenziale e domiciliare, criticità per costi, limitazioni e indisponibilità dei farmaci, documentazione sanitaria incompleta o inaccessibile, lentezza nella procedura di riconoscimento della invalidità e dell’handicap, maggiori criticità nella rete dell’emergenza-urgenza.
«Se lo scorso anno abbiamo denunciato che si stavano abituando i cittadini a considerare il privato e l’intramoenia come prima scelta, ora ne abbiamo la prova: le persone sono state abituate a farlo per le prestazioni a più basso costo (ecografie, esami del sangue, etc.). Non perché non vogliano usufruire del SSN, ma perché vivono ogni giorno un assurdo: per tempi e peso dei ticket, a conti fatti, si fa prima ad andare in intramoenia o nel privato» ha commentato Tonino Aceti, Coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva.
Il vero tema, dunque, rimane quello legato ai costi privati per curarsi. Costievidentemente troppo pesanti per le tasche dei cittadini, dato che più di uno su dieci (il 10,8%) segnala l’insostenibilità economica delle cure.
Fonte: XIX Rapporto PiT Salute 2016 – Cittadinanzattiva
I tempi di attesa, del resto, fanno riflettere: si va dai 2 anni per la rimozione di protesi, ai 15 mesi per una mammografia. Numeri che danno un quadro abbastanza esaustivo dello stato di salute della Sanità italiana, almeno per quanto concerne gli oltre 21mila casi di chi si è rivolto al Tribunale dei diritti del malato nel 2015, perché è su questi che si basa il report di Cittadinanzaattiva.
Entrando nel dettaglio, quasi una segnalazione su tre (30,5%, rispetto al 25% del 2014) nel 2015 ha, infatti, riguardato le difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie pubbliche, per liste di attesa (54,5%), ticket (30,5%), intramoenia (8,4%).
Sono stabili, invece, le segnalazioni sulla presunta malpractice e la sicurezza delle strutture che raccolgono il 14,6% (era il 15,4% nel 2014). In questo ambito però si segnala un peggioramento delle condizioni delle strutture (25,7% vs 17% dell’anno precedente), legato principalmente al malfunzionamento dei macchinari (41,9% vs al 38,2%), alle precarie condizioni igieniche (30,1% vs 35,3%) e agli ambienti fatiscenti (28,1% vs 26,5%).
I presunti errori pesano di più nell’area delle terapie (58,3%), e in seconda battuta nell’area diagnostica (41,7%). In testa, fra gli errori terapeutici, quelli di ortopedia (14,3%, ma in diminuzione rispetto al 2014 – 28,4%) e in ginecologia e ostetricia (14%, ma nel 2014 erano l’8,3%); a seguire la chirurgia generale (12,9% vs 14,1%). Anche in ambito diagnostico, gli errori si verificano più di frequente in ortopedia (15,6%, 17,4% nel 2014) e in ginecologia ed ostetricia (15,2%, nel 2014 l’area raccoglieva il 9,8% delle segnalazioni).
In aumento problemi con medici e pediatri di famiglia
Sebbene l’area generale dell’assistenza territoriale raccolga meno segnalazioni rispetto al passato (11,5% nel 2015, 15,3% nel 2014), al suo interno emergono dati contrastanti che danno idea di diverse problematiche. In crescita i problemi con medici di famiglia e pediatri, che raccolgono più di un terzo delle segnalazioni dell’area: le principali questioni riguardano il rifiuto di prescrizioni da parte del medico (28,4%, +4% rispetto al 2014), gli orari inadeguati di ricevimento (25,4%, +12%), la sottostima del problema di salute (17,9%, +6%).
Informazioni scarse, documentazione carente
Più di un cittadino su dieci (11,4%) segnala carenze di informazioni in ambito sanitario e di accesso alla documentazione sanitaria. Le informazioni scarseggiano soprattutto sulle prestazioni assistenziali (30%), sull’assistenza sanitaria di base (25%), in materia di consenso informato (22%). L’accesso alla documentazione sanitaria è considerata problematica soprattutto per i tempi lunghi per il rilascio (45,5%) o per il rifiuto da parte della struttura sanitaria nel rilasciarla al paziente (23,4%). In netta crescita le segnalazioni di documentazione incompleta (14,3%, erano solo il 3,2% nel 2014).
Invalidità ed handicap, in media 30 mesi per ottenerne il riconoscimento
Una segnalazione su dieci riguarda il tema della invalidità ed handicap. La lentezza dell’iter burocratico per il riconoscimento rappresenta la problematica principale, con il 58,2% delle segnalazioni, lentezza che si riscontra in gran parte (65%) nella fase di presentazione della domanda.
Dalla convocazione a prima visita, che richiede in media 8 mesi, alla ricezione del verbale che comporta un’attesa di ulteriori 10, fino alla erogazione dei benefici economici (in media 12 mesi dopo), il cittadino deve aspettare in media 30 mesi, ulteriori due in più rispetto ai tempi segnalati nel 2014.
Tempi non accettabili per i cittadini che si sono rivolti al TDM, considerando che sono prevalentemente affetti in un terzo dei casi da malattie oncologiche, da patologie croniche e neurologiche degenerative (27,5%), legate all’invecchiamento (18%) e rare (10,7%).