Illegalità targata recessione così la crisi ha moltiplicato truffe, racket e rapine

Agnese Ananasso

FURTI, taccheggi, usura e truffe. In tempi di crisi la degenerazione delle condizioni economiche ha portato con sé anche un aumento della criminalità e del tasso di insicurezza. Con reati che toccano e impoveriscono ulteriormente, oltre che le famiglie, le imprese. Secondo uno studio di Confcommercio è forte la percezione, tra gli imprenditori, che la criminalità sia alimentata dal

trend economico negativo.

In verità si tratta di qualcosa di più di percezioni o sensazioni, perché molti degli intervistati dichiarano che ormai si sono consolidate piccole e grandi forme di illegalità sul territorio e il fenomeno si è alimentato negli ultimi due anni. Stando all’indagine, l’83% degli imprenditori ritiene che la recessione abbia acuito i fenomeni di criminalità, in testa furti e taccheggio (in aumento per l’80% degli imprendi-tori), seguiti da truffe e raggiri (64%), scippi (45%), danneggiamenti (41%) e rapine (36%).

Reati che sono in crescita e sembrano ormai all’ordine del giorno, visto che vengono segnalati dalla quasi totalità delle imprese. Ma il dato più preoccupante è l’incremento della violenza nei confronti delle persone, visto che circa il 70% degli imprenditori denuncia la presenza

di scippi, di aggressioni e di rapine. Inoltre, il 57% dichiara di essere a conoscenza di casi di usura e di estorsione ai danni di altri imprenditori che operano nella propria zona. Mentre il 19% è stato vittima in prima persona di almeno un reato negli ultimi due anni, per lo più taccheggi e furti. Un’incidenza che sale al 21% tra i commercianti e al 26 nella zona del Centro Italia.

Curioso il dato sul Mezzogiorno, perché qui la percentuale delle vittime di reato scende al 14.

Finora le vittime. Ma chi sono i “delinquenti”? Spesso si tratta di persone in gravi condizioni economiche: per il 70% degli intervistati infatti è aumentato il numero delle persone spinte a commettere crimini dalla disperazione, mentre per il 58% è cresciuto il giro dei delinquenti comuni e dei senza tetto. Altra piaga avvertita sempre più grave è quella della contraffazione (63%) e delle attività irregolari, mascherate da frequenti cambi di titolarità delle attività (52%). Attività invisibili e illecite che vanno ad alimentare giri di criminalità organizzata, in particolare quella molto proficua e difficile da smascherare e arginare come l’usura e il recupero crediti, circuiti alimentati dalle lungaggini burocratiche e che sono avvertiti in aumento dal 70% degli imprenditori.

Il risultato è un territorio insicuro, sia in senso fisico che organizzativo: per il 90% degli imprenditori la zona in cui opera non è sicura. E questo condiziona negativamente, per i tre quarti di loro, lo sviluppo dell’economia e dell’area in cui lavorano.

Ma gli imprenditori non hanno una risposta a tutto questo. Semmai chiedono, fanno proposte: chiedono pene certe (74%), giustizia veloce (70%) e condizioni adeguate per creare una rete di comunicazione e collaborazione imprenditoriale e sociale. Ma è lo Stato, il governo che dovrebbe dare soluzioni concrete. Sì, ma quale governo?

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