Aci contro Asi. Ma le auto storiche hanno bisogno di sicurezza

L’altro ieri “Repubblica” l’ha buttata sul ridere, con una fotonotizia in cui ha colto solo il lato “di costume” del fatto che l’Aci ha pubblicato i suoi elenchi di vetture meritevoli di tutela in quanto storiche. Ma in realtà non c’è molto da ridere: dietro la notizia c’è una lotta di potere (o di sopravvivenza) tra Aci e Asi. E, tra i fronti su cui si combatte, manca quello della sicurezza, che invece qualche pensierino lo merita.

L’Aci, varando il suo Aci Storico, vuole dare un colpo all’Asi, che per decenni è stato il principale club di settore a essere riconosciuto dal Codice della strada, assieme ai Registri storici Alfa, Fiat e Lancia. Da quando (1999) sono stati riconosciuti sconti sul bollo agli esemplari ultraventennali, l’Asi ne ha approfittato, facendosi pagare gli attestati che valevano (e nemmeno in tutte le regioni) per essere ammessi ai benefici. Quasi una vendita delle indulgenze, che tra l’altro ha portato a una diffusione di attestati tanto ampia che le assicurazioni hanno finito col non riconoscerli.

Ora vedremo se l’iniziativa dell’Aci servirà davvero a qualcosa. O se sarà seguita da qualche colpo legislativo che porterà alla semplice sostituzione di una sigla con l’altra.

Intanto, però, restano le questioni di sicurezza. Anche ai raduni, celebrati dalla stampa come eventi culturali che riuniscono veicoli “virtuosi”, si vedono auto con freni in pessime condizioni (tipicamente una pinza freni bloccata) e pneumatici dell’età dei veicoli. Occorrerebbe quindi agire su vari fronti.

  1. Revisioni: l’attuale frequenza biennale è poco gradita dagli appassionati al punto che l’Asi da anni dice di battersi per una frequenza quadriennale, con la giustificazione del numero limitato di km, le basse velocità, la buona cura degli appassionati. Ci sarebbe da concordare, se non fosse che le vetture hanno periodi di immobilità, a volte lunghi, che causano danni all’impianto elettrico, all’impianto frenante (si bloccano le pinze, le pompe freni manifestano perdite), alla lubrificazione di apparati come le testine dello sterzo. E le gomme, se non si usano oi cavalletti, si deformano. Inoltre, parliamo di veicoli con cicli di manutenzione più brevi di quelli moderni. Dulcis in fundo, gli appassionati privilegiano spesso l’estetica alla sicurezza, quindi l’unico “sconto” che è ragionevole riconoscere loro è che i limiti di emissione, di rumorosità e di luminosità dei fari tengano conto dell’anno di progettazione del veicolo.
  2. Pneumatici: in Italia si controlla solo la dimensione nominale e la profondità del battistrada, ma su vetture con pneumatici di oltre 40 anni fa non si consumeranno mai per quanto sono induriti (quindi con aderenza disastrosa). Paradossalmente, l’Asi stesso sembra privilegiare questo comportamento favorendo con i punteggi di classificazione quei veicoli che si presentano con tali pneumatici e bocciando i veicoli che hanno pneumatici in misura non originale quando l’originale non è più reperibile sul mercato. La Motorizzazione non consente più di registrare sulla carta di circolazione pneumatici alternativi montati su cerchi di diametro inferiore, attività diffusa e normale negli anni 60 prima dell’introduzione dei ribassati. Per esempio, la Fulvia Coupé prima serie usciva con pneumatici 145SR14 (ridicola misura, se si pensa che la vettura raggiungeva 160 km/h e la versione Sport 1,3s addirittura i 183km/h) montati su cerchione in acciaio 4,5J14. Per il cliente che voleva prestazioni sportive, veniva fornita, su alcuni allestimenti particolari, un’alternativa con cerchi Cromodora in lega nella misura 5J13 e pneumatici 165R13 con rotolamento simile. Siccome la cosa non è mai stata registrata nè omologata, i proprietari di tali vetture si trovano fuori legge ed impossibilitati a mettersi a norma. Pur nella perfetta originalità della vettura.

Negli anni 70 poi, soprattutto prima del 1976 quando le misure delle gomme non erano indicate a libretto, era normale per chi avesse avuto passione e disponibilità, montare gomme serie/70 (per esempio, sulla Alfa Romeo GT Junior e sulla Fulvia Coupé seconda serie si montavano agevolmente i 185/70R14 al posto degli originali 165R14). Anche questi veicoli sono irregolari, ma in qualche modo sanabili attraverso il rilascio del nulla osta da parte del costruttore.

A complicare le cose, oggi i serie /80 sono in via di esaurimento, è difficile trovarli su prodotti non specialistici, quelli specialistici sono costosi, non sempre reperibili, hanno gamma ristretta, e a volte di scarsa qualità (per esempio, i prodotti Vredestein sono definiti “crap” dagli stessi olandesi).

Tuttavia, il passaggio ai ribassati, tipicamente i /70, a volte crea complicazioni: occorrono cerchi con canale più largo che sono facilmente reperibili, ma che solitamente hanno ET inferiori alterando carreggiate e sporgendo dai parafanghi. Il solito ginepraio in salsa Italiana.

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