La calamità naturale sarà a carico del cittadino. In caso di terremoto, alluvione, tsunami e qualsivoglia altra catastrofe, non sarà più lo Stato a pagare i danni.
A ricostruire l’edificio crollato o pieno di crepe, casa o azienda che sia, dovrà provvedere il proprietario. A sue spese. O stipulando, previdente, una relativa polizza di assicurazione. La novità, enunciata chiaramente, si trova nel decreto legge n.59 sulla riforma della Protezione Civile pubblicato ieri sulla Gazzetta Ufficiale. In cui si afferma che «al fine di consentire l’avvio di un regime assicurativo per la copertura dei rischi derivanti da calamità naturali sui fabbricati a qualunque uso destinati, possono essere estese tutte le polizze assicurative contro qualsiasi tipo di fabbricato appartenente a privati».
E questo per poter «garantire adeguati, tempestivi ed uniformi livelli di soddisfacimento delle esigenze di riparazione e ricostruzione». Cosa che lo Stato non può più permettersi per cronica carenza di fondi. La normativa non ha effetto immediato: il decreto legge prevede infatti «un regime transitorio anche a fini sperimentali». Entro 90 giorni dovrà essere emanato un regolamento che stabilisca modalità a termini per l’avvio del regime assicurativo. Ed è poi probabile che i tempi si allunghino. O che si trovino dei correttivi. Ma la tendenza è quella. Confermata dalle parole di Franco Gabrielli, capo della Protezione Civile: «Quella sull’Aquila è stata l’ultima azione di intervento sulla popolazione» ha detto ieri ai Giovani imprenditori di Confindustria.
«Purtroppo per il futuro dovremo pensare alle assicurazioni perché lo Stato non è più in grado di fare investimenti sulle calamità: gli aquilani sono stati gli ultimi a ricevere assistenza». Su questa linea procede anche la norma che riduce la durata dello stato di emergenza, ossia del periodo in cui lo Stato si accolla le spese: 60 giorni, con un’unica proroga di altri 40. Fine delle emergenze pluriennali. Per adesso l’assicurazione sarà soltanto di tipo volontario (con agevolazioni fiscali). E già questo principio potrebbe porre dei problemi giuridici in quanto sancisce la disparità tra cittadini che vivono in zone a rischio e quelli che hanno la fortuna di abitare in aree sismiche o soggette a pericoli idrogeologici. Senza contare che le compagnie di assicurazioni, nel primo caso, pretenderebbero premi molto costosi.
La soluzione potrebbe essere rendere l’assicurazione obbligatoria per tutti. Con un costo calcolato in circa 100 euro per abitazione. Secondo Adolfo Bertani, presidente del Cineas (Consorzio universitario specializzato nella cultura del rischio), questa «è una svolta epocale perché si introduce anche in Italia la responsabilità diretta del cittadino nella tutela dei propri beni e di una nuova cultura di rispetto del territorio. Si passa da welfare state alla welfare community».
Giovanna Cavalli