I conti del trimestre e l’intero bilancio che è stato approvato in assemblea dimostrano che Mediobanca è ancora una realtà “viva” e in crescita. Certo – per i nostalgici – non è più il centro di potere egemonico del capitalismo privato italiano che era sotto l’egida di Enrico Cuccia. Ma il dato di fatto – dal quale non si può prescindere – è che buona parte dei clienti storici di Mediobanca oggi non esiste neppure più, come ha osservato con sano realismo l’amministratore delegato, Alberto Nagel. «Una banca sopravvive se sa adattarsi ai tempi», ha sottolineato Nagel in assemblea. Un destino al quale non può sfuggire neanche Mediobanca, con tutto il suo bagaglio di tradizione. L’istituto già da anni ha iniziato a cambiar pelle. Basta pensare all’evoluzione verso il retail, che oggi rappresenta una parte importante del business, e il lancio di CheBanca!, che è quanto di più lontano si possa immaginare dall’austerità discreta del consulente d’affari delle grandi famiglie industriali. Eppure CheBanca! – anche questo è stato sottolineato in assemblea – è servita a fornire ossigeno all’attività tradizionale della banca d’affari, aprendo un canale autonomo di raccolta quando si è inaridito quello tradizionale che si appoggiava agli sportelli delle ex Bin – Comit, Credit, Banco di Roma, una volta tutte azioniste – per collocare al pubblico i vecchi certificati di deposito che oggi sono archeologia finanziaria. Di quanto e come evolverà questo processo di “restyling” del business – per molti versi inevitabile – lo si capirà dal prossimo piano triennale che sarà presentato a metà novembre. Un punto fermo nel futuro di Piazzetta Cuccia resta però il legame con Generali. La cessione del 3%, per ridurre la partecipazione al 10%, è la parte inevasa del precedente piano triennale. Oggi la sfumatura, per nulla irrilevante, è che la possibilità di cedere quel pacchetto è valutata come «un’opportunità» e non certo «un obbligo». Nonostante le nuove regole europee più penalizzanti, che entreranno a pieno regime dal 2019, la solidità patrimoniale di Mediobanca può consentire il lusso di mantenere intatta la quota nella compagnia, salvo appunto che si presenti l’opportunità di trasformarne una parte in qualcosa di più conveniente e redditizio. Ma la fusione con Axa – una voce che ha tenuto banco sotto la calura estiva – non pare essere in predicato. «Dal punto di vista industriale, troverei strana un’operazione con Axa, che come Generali ha una forte esposizione nel ramo Vita, un settore sotto esame per la struttura dei tassi a bassi rendimenti, e in questo momento non visto di buon occhio dagli investitori», ha notato Nagel con gli analisti in conference call. Neppure ci sono riscontri di interesse da parte di Zurich, al cui comando è approdato l’ex ceo del Leone Mario Greco. A parole non ci sono preclusioni a una politica di crescita esterna, ma le acquisizioni – nell’ottica di quello che resta il primo azionista della compagnia – «devono rendere».