Pagina a cura di Valerio Stroppa
Una nuova stangata fiscale sui risparmiatori. Dal 1° gennaio 2014 l’imposta di bollo su dossier titoli e depositi salirà dall’attuale 0,15 allo 0,2%. Un aggravio che colpirà azioni, obbligazioni, titoli
di stato, quote di fondi, conti deposito, certificati, polizze, derivati. Resta ferma la misura minima del prelievo di 34,2 euro su base annua, laddove il calcolo proporzionale produca un gettito
inferiore. È quanto prevede la legge di Stabilità per il 2014 che ha avviato nei giorni scorsi il suo iter in senato.
Rispetto alla bozza originaria allo studio del governo è venuta meno la possibilità di innalzare dal 20 al 22% la tassazione delle rendite finanziarie e dei capital gain. Al contempo, però, il rincaro della «mini-patrimoniale» sui dossier titoli, inizialmente ipotizzato dallo 0,15 allo 0,165%, si è accentuato fino al 2 per mille. Secondo i tecnici governativi l’intervento farà affluire alle casse pubbliche 527 milioni di euro in più a partire dal prossimo anno. Ed è verosimile che l’aliquota dello 0,2% venga applicata anche all’Ivafe, l’imposta sulle attività finanziarie detenute all’estero, per garantire quella parità di trattamento imposta da Bruxelles e che ha già suscitato rilievi comunitari in passato.
L’aumento del bollo sui prodotti finanziari costituisce un’ulteriore forma di intervento fiscale sulla ricchezza, che si va a sommare ai tanti altri già introdotti negli ultimi 22 mesi. Dalla manovra Monti (dl n. 201/2011) in avanti, infatti, la tassazione ha abbracciato quasi tutte le componenti patrimoniali. Gli immobili pagano l’Imu (o l’Ivie se sono situati all’estero) e su quelli tenuti a disposizione nello stesso comune nel quale si trova la prima casa del contribuente ora tornerà anche l’Irpef. Le attività finanziarie scontano il bollo proporzionale (o l’Ivafe per quelle detenute oltre confine). Senza dimenticare l’imposta speciale sulle somme oggetto di scudo fiscale ancora secretate. Da quest’anno è arrivata anche la Tobin tax sulla compravendita di azioni e derivati, nonché l’imposta «antispeculativa» sul trading ad alta frequenza.
Per le auto di grossa cilindrata dal 2011 è scattato il superbollo, mentre barche e aerei privati sono andati incontro a imposte di possesso. Sono poi intervenuti vari ritocchi alle diverse imposte indirette, dalle marche da bollo al registro. E, naturalmente, oltre agli stock di ricchezza detenuta non sono scampati ai balzelli neppure i consumi degli italiani. Sia per quanto riguarda l’aliquota Iva ordinaria, salita prima al 21% nel 2011 e poi al 22% lo scorso 1° ottobre, sia con riguardo ai carburanti, che dal 1° luglio 2011 ad oggi hanno visto l’asticella delle accise manovrata per ben sette volte.
Molte di queste norme hanno avuto un effetto contrario rispetto a quello sperato dal legislatore. Invece che incrementare il gettito, il rincaro fiscale lo ha fatto diminuire, causando anche danni collaterali come la «fuga» dei soggetti obbligati o la proliferazione di fenomeni elusivi. Un caso è rappresentato dalla tassa sulle barche: per l’anno 2012, a fronte dei 155 milioni di euro stimati dal Mef, ne sono stati incassati appena 24. Ma l’incertezza iniziale e la configurazione del prelievo come tassa di stazionamento ha fatto sì che molte imbarcazioni salpassero verso le coste estere. Senza fare marcia indietro, con tutti i danni all’indotto. Un altro esempio è dato dall’addizionale erariale sulla tassa automobilistica, meglio noto come «superbollo». Un balzello che le associazioni di categoria (Anfia, Aniasa, Assilea, Federauto, Unasca, Unrae) in una recente lettera al ministro dell’economia hanno definito «dannosa e controproducente». Il mercato ha visto il boom dei falsi leasing con targa estera, delle radiazioni per esportazione con contestuale reimmatricolazione straniera, oltre che il calo degli acquisti e dei passaggi di proprietà. In definitiva, secondo le sigle dell’automotive, il superbollo avrebbe dovuto portare alle casse dello stato 168 milioni di euro in più, ma facendo bene i conti nel 2012 ne sono stati persi 140 (93 milioni di Iva, 13 milioni di superbollo, 19,8 milioni di bollo ordinario, 5,2 milioni di Ipt e circa 9 milioni di addizionale sulle Rc auto). Mentre la Tobin tax ha fatto crollare gli scambi in Borsa in misura tra il 15 e il 20%. In attesa di capire quale saranno le scelte dei risparmiatori, l’unica certezza è che l’aumento del bollo sui risparmi dal prossimo 1° gennaio, peraltro in un periodo di tassi contenuti, comporterà una riduzione della redditività degli investimenti.
© Riproduzione riservata