Riccardo Sabbatini
Che faranno le banche, andranno dritte per la loro strada o, alla fine, daranno ai Ligresti un ultimo lasciapassare?
La decisione della famiglia di controllo del gruppo Fonsai di non accettare la rinuncia alla manleva ed al recesso chiesti dalla Consob per autorizzare (senza Opa) il matrimonio Unipol-Fonsai, ha gettato nuove incertezze sul progetto di integrazione. A poche ore dalle riunioni decisive (lunedì) dei Cda di Fonsai e Milano Assicurazioni, anticipate oggi da quello di Premafin, e dall’assemblea di Premafin (in programma per martedì) per approvare il bilancio e l’aumento di capitale da (400 milioni) riservato a Bologna, ombre sempre più scure si proiettano sul piano di integrazione. E l’attenzione torna a rivolgersi all’Isvap che potrebbe, in caso di fallimento, decidere il commissariamento di Fonsai.
L’ultimo azzardo dei Ligresti si fonda sulla scommessa che, alla fine, le banche creditrici di Premafin (per circa 370 miliardi) per non perdere i loro soldi eviteranno di far fallire la holding di Fonsai, e accetteranno di esaminare il piano alternativo di Sator e Palladio, più favorevole alla famiglia. Ma non sembra essere questa l’intenzione dei creditori che anche ieri hanno ribadito di voler chiudere definitivamente i conti con i Ligresti.
Se i cda delle società interessate daranno il via libera al progetto con Bologna, le banche firmeranno la ristrutturazione dei debiti di Premafin condizionandola tuttavia al successivo via libera degli azionisti. In quel caso l’assemblea di martedì rimarrà aperta per il tempo necessario per formalizzare gli impegni degli istituti. Ma con un “no” dei Ligresti, che controllano l’assemblea, il percorso prannunciato dalle banche sarebbe diverso. Senza ristrutturazione dei debiti l’assemblea non potrà approvare il bilancio per mancanza del requisito di continuità aziendale. La parola spetterà a quel punto al tribunale che decretando l’insolvenza attribuirà fin da subito ai creditori (le banche) i diritti di voto sulla società. Seguirebbe l’escussione dei pegni sulle azioni Fonsai poste a garanzia dei crediti. E, divenute azioniste del gruppo assicurativo le banche potrebbero riformulare su basi nuove il progetto di integrazione con Bologna. Fin qui i propositi della vigilia.
Ma in caso di fallimento del piano originario nell’immediato la parola tornerà al regulator assicurativo. L’Isvap ha tre istruttorie aperte. La prima che dovrebbe varcare il traguardo entro 10 giorni, è quella avviata su denuncia del collegio sindacale per «gravi irregolarità nella gestione» compiute da «soggetti con funzioni di amministrazione (art.238 del codice delle assicurazioni, il Tua), relativa in particolare alle operazioni immobiliari dei Ligresti. Ma soprattutto vi sono le pratiche per colmare le carenze del margine di solvibilità per Fonsai (art.227) e per la sua controllante Premafin (art.228). Queste sono state formalizzate alle società il 10 gennaio scorso e, per risolvere il “buco”, è intervenuto a fine gennaio il progetto di integrazione Unipol-Premafin, finalizzato com’è noto a recuperare in capo a Fonsai un rapporto del 120% del solvency ratio.
Lo scrutinio dell’Isvap, in questo caso, dovrebbe concludersi entro la fine di giugno ma già per martedì prossimo – ha intimato nei giorni scorsi l’authority – le società debbono prendere decisioni irrevocabili sui concambi finali. Se l’operazione fallisse, l’authority non avrebbe altra strada che quella del commissariamento che può avere una durata di due mesi (art.230 del Tua) o assumere i connotati di una vera e propria amministrazione straordinaria (art.231) con lo scioglimento degli organi sociali. Sono soluzioni estreme che hanno molte incognite per un gruppo assicurativo grande come Fonsai (8 milioni di clienti). L’operatività del business assicurativo, oggi sotto controllo anche per la determinazione della rete agenziale, potrebbe esserne compromessa. Con una società commissariata sarebbe difficile evitare il fuggi-fuggi tra la clientela. Ecco perchè l’Isvap esita e certamente anche l’opzione Sator-Palladio potrebbe essere presa in considerazione o anche altre che le banche dovessero riformulare in un eventuale scenario del “dopo-Ligresti”.
Fonte