Raccolta con il segno positivo e qualche record. Il risparmio gestito italiano sembra vivere un nuovo momento magico. In aprile, Assogestioni ha comunicato che il patrimonio del pianeta fondi e gestioni ha raggiunto 1.256 miliardi di euro. Cifra enorme che fa il paio con la ripresa della raccolta netta: 6,9 miliardi nel solo mese di aprile e 27 miliardi da inizio anno. Numeri che
sottolineano il consolidamento dell’inversione di tendenza per l’asset management della Penisola. Lo confermano anche consulenti, gestori e soprattutto i banchieri.
La svolta infatti è arrivata quando le banche hanno deciso di tornare a distribuire i prodotti del risparmio gestito, complice il calo del margine di interesse. Una politica commerciale nuova di zecca che ha fatto impennare la raccolta netta. Senza dimenticare però che il 60% circa dei flussi finisce nelle capaci casse di società estere o in fondi esterovestiti; benché pure su tale punto, come scriviamo in pagina 20, vi siano delle novità.
Due le tematiche ancora da affinare. Il primo: va bene una politica commerciale espansiva sul risparmio gestito. Occorre però salvaguardare il cliente, spiegando bene ciò che gli viene venduto soprattutto quando non è il classico fondo comune (il prodotto più trasparente del mondo) ma uno strumento a cedola, a pacchetto, con il tunnel e altre clausole di questo tipo. Soltanto in quel momento, l’investitore deciderà in modo consapevole.
Il secondo tema da affrontare è il trattamento generale del cliente/risparmiatore. Che vuol dire anche bassi costi, tassazione, politiche distributive: in pagina 22, da una ricerca Morningstar, emerge che i fondisti italiani sono in serie C rispetto ad altri Paesi come Spagna, Svezia, Gran Bretagna e Germania. Dallo studio spuntano altre sorprese che lasciamo alla curiosità del lettore.
In conclusione, dunque, c’è ancora tanta strada da fare per ridare slancio all’industria italiana del risparmio gestito. Molte Sgr si stanno muovendo sulla via tracciata dall’allora governatore di Bankitalia, Mario Draghi, che mirava in particolare sull’indipendenza dei gestori dalle banche collocatrici. È ancora assente il “campione nazionale”, segnalano i consulenti di asset management, come quelli che esistono per esempio in Francia, Gran Bretagna e in America. Nell’attesa, speriamo che il risparmio degli italiani non venga tutto drenato dai campioni esteri.
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