PALERMO. La fabbrica degli incidenti fasulli si trovava a Partinico ed era poco più di un recinto, un’area di alcune centinaia di metri quadri in cui le auto venivano danneggiate, in maniera quasi scientifica, colpite nei punti in cui serviva che fossero ammaccate o distrutte anche a colpi di mazza. Dopo due anni di indagini, 117 persone finite sotto inchiesta e almeno 300 “sinistri” del tutto inventati, gli agenti dei commissariati di Partinico e Corleone e i colleghi della Squadra mobile hanno arrestato stanotte 23 persone – uno è finito in carcere, 10 ai domiciliari e 12 hanno avuto l’obbligo di dimora – coinvolte nella maxitruffa a una trentina di compagnie assicurative.
L’organizzazione, come l’hanno definita gli inquirenti (che hanno chiesto e ottenuto la contestazione dell’accusa di associazione per delinquere) operava tra Partinico, Trappeto, Balestrate, Borgetto e non solo, mentre gli indagati abitano in mezza provincia e sono soprattutto false vittime e falsi testimoni, automobilisti e passeggeri, ma anche geometri, medici, consulenti, periti, liquidatori, impiegati di banca e avvocati.
Durante l’inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore Geri Ferrara, gli investigatori hanno individuato e indagato in tutto 117 persone: per 28 era stato ipotizzato anche il reato di associazione per delinquere, alle altre 89 venivano contestati singoli episodi.
Dopo mesi di appostamenti, pedinamenti, intercettazioni telefoniche e video, gli investigatori sono riusciti a raccogliere una mole impressionante di indizi, ma la complessità delle indagini ha spinto la Procura a chiedere, lo scorso anno, una proroga di sei mesi. Alla fine il giudice per le indagini preliminari ha accolto quasi tutte le richieste e dalle prime luci dell’alba la polizia ha fatto scattare l’operazione “Phantom Crash”, i cui particolari saranno illustrati stamattina nel corso di una conferenza stampa.
Al momento si sa che l’indagine era partita da alcune verifiche casuali, che avevano consentito di scoprire un gruppo di persone, vittime e testimoni di incidenti, in apparenza particolarmente sfortunate. Anche perché le automobili coinvolte erano sempre le stesse. È bastato così procedere a una serie di accertamenti per individuare la “fabbrica degli incidenti”, un’area di campagna che gli agenti di Partinico hanno tenuto sotto controllo per mesi, registrando movimenti, annotando il nome e il cognome di chi arrivava, ma soprattutto le targhe delle auto “sfortunate” che venivano danneggiate.
Era solo l’inizio.
di VINCENZO MARANNANO