La colpa è sempre di chi tampona”: un luogo comune, in caso di tamponamento, non sempre corretto e che va chiarito alla luce di quello che prevede la giurisprudenza.
Il tamponamento, in senso proprio, si verifica quando un’auto urta la parte posteriore di un’altra auto che procede nella stessa direzione di marcia. Si suole dire, in questi casi, che la
responsabilità è sempre di chi tampona. Ma le cose non stanno propriamente in questo modo.
In generale, il conducente di un veicolo deve essere in grado di garantire in ogni caso l’arresto tempestivo del mezzo, evitando collisioni con il veicolo che precede.
Il Codice della strada [1] stabilisce infatti che è obbligo del conducente regolare la velocità del veicolo in modo che sia evitato ogni pericolo per la sicurezza delle cose e delle persone.
Questo significa che in città non si possono richiedere gli stessi limiti di distanza tra le vetture richiesti invece in autostrada. I limiti, nei centri urbani, sono variabili e risentono delle condizioni di traffico, di velocità con cui si procede e di ogni altra circostanza di qualsiasi natura.
Ogni conducente, insomma, deve essere in grado di arrestare tempestivamente il proprio veicolo entro i limiti del suo campo di visibilità e dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile.
Pertanto, in caso di tamponamento, la legge presume la responsabilità del tamponatore salvo che dimostri il contrario. Quest’ultimo, infatti, deve riuscire a dimostrare che l’urto si è verificato non per la sua inosservanza della distanza di sicurezza, ma per cause in tutto o in parte a lui non imputabili. Solo se non riesce a dare questa prova, egli sarà responsabile.
In caso, quindi, di mancanza di prove sia a favore del tamponante che del tamponato, la responsabilità resta in capo al tamponante.
Dunque, non è corretto dire che il tamponatore è sempre responsabile: al contrario, lo è solo se non riesce a dimostrare che l’urto si è verificato per causa della vettura anteriore. Tale potrebbe essere, per esempio, la situazione di un’auto che arresti improvvisamente al “verde” del semaforo o che, non essendosi a sua volta accorta di un’altra auto davanti, abbia interrotto all’improvviso la propria marcia.
Le stesse norme sulla responsabilità in caso di tamponamento previste per le automobili si applicano anche alle biciclette [2].
Tamponamenti a catena
Nel caso poi di tamponamenti a catena, bisogna distinguere:
1) nell’ipotesi di colonna in movimento, si presume la colpa in eguale misura a carico di entrambi i conducenti di ciascuna coppia di veicoli (tamponante e tamponato), con esclusione del primo e dell’ultimo, per non aver essi osservato la prescritta distanza di sicurezza rispetto al veicolo antistante.
Quando, infatti, non sia possibile ricostruire l’esatta dinamica del fatto e, quindi, individuare con certezza l’atto generatore dei singoli danni alle cose e alle persone, opera la presunzione di colpa a carico di tutti i conducenti; con la conseguenza che deve presumersi che tutti gli automobilisti coinvolti nel sinistro abbiano ugualmente concorso alla produzione dell’incidente.
Sul piano delle conseguenze risarcitorie, mentre ciascun veicolo è responsabile dei danni subiti dal veicolo che lo precede, dovrà provvedere egli solo alla riparazione della parte anteriore del suo veicolo, mentre avrà diritto ad essere risarcito dal suo tamponante per il danno subito nella parte posteriore [3].
2) nell’ipotesi di colonna ferma, la giurisprudenza afferma la responsabilità del conducente dell’ultimo veicolo. Dunque, responsabile unico dei vari tamponamenti è da considerarsi l’ultimo della fila che, in movimento (e non osservando, anche qui, la distanza di sicurezza), abbia tamponato l’ultimo dei veicoli in sosta che lo precedeva, determinando di conseguenza gli altri [4].
[1] Art. 141 C.d.s.
[2] Cass. sent. n. 14741 del 13.07.2005.
[3] Trib. Benevento sent. n. 130 del 22 gennaio 2010.
[4] Cass. sent. n. 8646 del 29.05.2003; C. App. Firenze, sent. n. 102 del 29.01.2009.
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