La polizza assicurativa stipulata dai professionisti che appongono il visto di conformità sulle dichiarazioni IVA, pur consentendo anche di ottenere il rimborso dell’eccedenza detraibile, deve essere adeguata al numero dei contribuenti assistiti, dei visti di conformità, delle asseverazioni e delle certificazioni tributarie, ma non anche all’ammontare del credito chiesto a rimborso, per cui il contribuente non è tenuto a prestare un’ulteriore garanzia se il massimale è di importo inferiore alla somma chiesta in restituzione.
Si tratta del chiarimento reso dall’Agenzia delle Entrate nella risoluzione n. 112 di ieri, 6 dicembre 2016, in merito alla corretta procedura da applicare nel caso di istanza di rimborso IVA recante un visto di conformità garantito da polizza assicurativa con massimale inferiore alla somma chiesta in restituzione.
Posto che l’erogazione del rimborso è, a volte, subordinata alla presentazione di un’apposita polizza fideiussoria che garantisca l’intero importo e che, nel caso esposto, l’importo chiesto a rimborso è superiore al massimale della polizza stipulata dal professionista che ha apposto il visto di conformità, all’Agenzia è stato chiesto di precisare se, al fine di ottenerne il rimborso, il contribuente sia tenuto a presentare un’ulteriore polizza a garanzia della differenza non coperta dal valore della polizza del professionista, ovvero una polizza che copra l’intero importo chiesto a rimborso.
Nel rispondere al quesito, l’Agenzia ricorda che l’art. 38-bis, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972, nel testo da ultimo modificato dall’art. 7-quater, comma 32, del D.L. n. 193/2016, dispone che la garanzia è obbligatoria in caso di crediti chiesti a rimborso di importo superiore a 30.000 euro quando si verificano le situazioni di rischio elencate al comma 4 del medesimo art. 38-bis, nel qual caso la garanzia assicura all’Erario la possibilità di recuperare il credito rimborsato qualora se ne ravvisi successivamente la non spettanza.
Al di fuori dei casi di cui all’art. 38-bis, comma 4, del D.P.R. n. 633/1972, i crediti superiori a 30.000,00 euro possono essere rimborsati – se ricorrono i requisiti soggettivi attestati mediante dichiarazione sostitutiva di atto notorio – previa presentazione della relativa dichiarazione o istanza recante il visto di conformità.
Il dubbio è sorto in quanto:
- da un lato, l’art. 22 del D.M. 31 maggio 1999, n. 164, prevede che “i professionisti ed i certificatori stipulano una polizza di assicurazione della responsabilità civile, con massimale adeguato al numero dei contribuenti assistiti, nonché al numero dei visti di conformità, delle asseverazioni e delle certificazioni tributarie rilasciati e, comunque, non inferiore a tre milioni di euro, al fine di garantire ai propri clienti il risarcimento dei danni eventualmente provocati dall’attività prestata e al bilancio dello Stato o del diverso ente impositore le somme di cui all’articolo 39, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241”;
- dall’altro, la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 7 del 26 febbraio 2015 ha chiarito che “la polizza assicurativa della responsabilità civile per i danni causati nel fornire assistenza deve garantire la totale copertura degli eventuali danni subiti dal contribuente, dallo Stato o altro ente impositore (nel caso di dichiarazione modello 730), non includendo franchigie o scoperti, e prevedere il risarcimento nei cinque anni successivi alla scadenza del contratto”.
Nella risoluzione n. 112/E/2016, l’Agenzia ha osservato che il citato art. 22 del D.M. n. 164/1999, nel prevedere che il massimale deve essere adeguato al numero dei contribuenti assistiti, nonché al numero dei visti di conformità, delle asseverazioni e delle certificazioni tributarie rilasciati, non contiene alcun riferimento testuale che consenta di qualificare come requisito di validità, ovvero di efficacia, la parità tra l’importo del massimale della polizza e i crediti indicati nelle dichiarazioni dei clienti e chiesti a rimborso o compensati e, del resto, la polizza mira a coprire la responsabilità civilistica nei confronti del cliente e del terzo creditore, a differenza della garanzia disposta dall’art. 38-bis del D.P.R. n. 633/1972 che, come anticipato, è finalizzata ad assicurare all’Erario la possibilità di recuperare il credito rimborsato qualora se ne ravvisi successivamente la non spettanza.
Ne discende che nel caso in cui l’importo chiesto a rimborso sia superiore al massimale della polizza stipulata dal professionista che ha apposto il visto di conformità, il suddetto visto di conformità non può considerarsi privo di efficacia e, quindi, non si può obbligare il contribuente a prestare garanzia per ottenere il credito chiesto a rimborso – né totale né parziale – salvo che lo stesso non si trovi in uno dei casi di cui al comma 4 dell’art. 38-bis.
Una diversa conclusione non solo traslerebbe l’onere del costo della garanzia in capo ad un soggetto terzo (cioè sul professionista, che dovrebbe stipulare garanzie proporzionali ai crediti chiesti a rimborso dai propri clienti), ma si porrebbe anche in contrasto proprio con la ratio delle recenti modifiche della disciplina dei rimborsi, con le quali è stato soppresso l’onere generalizzato della garanzia, circoscrivendone la prestazione ai soli casi in cui ricorre uno dei rischi individuato dalla medesima norma.
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