ROMA
Quando si evoca, come ha fatto Enrico Letta nel discorso d’insediamento, il tema del pensionamento flessibile, è poi inevitabile che questo s’imponga quasi come una costante sui giornali.
Tanto più se l’annuncio di correzione dell’ultima riforma (articolo 24 della legge 214/2011, il cosiddetto “Salva Italia”) spunta dopo oltre un anno di polemiche sui lavoratori esodati e poi salvaguardati. Oggi quell’emergenza si sta chiudendo. Ma la prospettiva aperta non è meno delicata, con intere coorti di lavoratori prossimi ai 60 anni che dovranno “resistere” 3 o 5 anni ancora prima di andare in pensione.
Flessibilità in uscita
Ecco perché si parla (e si lavora) a un progetto di re-introduzione della flessibilità di pensionamento in uscita. Perché in un mercato del lavoro in contrazione da qualche anno è ormai fin troppo chiaro che l’obiettivo della convergenza dei requisiti tra uomini e donne nel 2018 (a 66 anni e 7 mesi per la vecchiaia; 42 anni e 10 mesi di versamenti per l’anticipata) appare oggi quasi insostenibile. Il Governo ha messo ufficialmente la sordina sulla questione: se ne parlerà dopo l’estate e dopo il varo del «pacchetto occupazione», continua a ripetere il ministro Enrico Giovannini. Ma intanto c’è chi prepara la strada, come il presidente della Commissione Lavoro alla Camera, Cesare Damiano, primo firmatario di un disegno di legge che prevede un pensionamento flessibile (tra 62 e 70 anni) con penalizzazioni gradualizzate. Un progetto su cui si può «cominciare a ragionare», ha detto Maurizio Sacconi, che presiede la Commissione Lavoro del Senato. Si vedrà. E si vedrà anche se, sempre parlando di flessibilità in uscita ma questa volta con una motivazione diversa, decollerà anche la staffetta generazionale, pensata per favorire l’ingresso di un giovane in formazione al posto di un anziano che accetta il part-time a contribuzione piena.
I numeri del sistema
Intanto a parlare sono i numeri. Quelli della Ragioneria generale dello Stato e quelli dell’Inps, presentati l’altro giorno al congresso nazionale degli attuari. Scenari non nuovi che fotografano il quadro generale di un sistema previdenziale pubblico la cui tenuta finanziaria dovrebbe essere garantita nel lungo periodo, con un spesa per pensioni mantenuta attorno alla soglia del 15% del Pil. Ma scenari che, quando entrano nel particolare, riaccendono le inquietudini di molti. L’allungarsi della speranza di vita e l’aggiustamento automatico che essa determina per via dei coefficienti di trasformazione del montante contributivo in pensione, riduce gli assegni, in prospettiva, a meno del 70% dell’ultimo stipendio per un lavoratore dipendente che si ritirerà tra poco più di vent’anni (64% se il lavoratore è autonomo). Sono livelli adeguati? Saranno davvero perseguibili? E ancora, un sistema finanziato con la ripartizione continuerà a reggere se i livelli occupazionali non tornassero a salire presto ai livelli pre-crisi?
Eccole le tante domande che rendono il tema della previdenza perennemente attuale. In questo Speciale pensioni offriamo una sintesi della situazione attuale, con i requisiti previsti dall’ultima riforma per il pensionamento di vecchiaia e anticipato, delle transizioni previste. Ma offriamo anche uno strumento pratico per il calcolo del momento di pensionamento personale con l’ipotesi di assegno che potrebbe essere incassato alla luce dei coefficienti di trasformazione entrati in vigore quest’anno e validi fino al 2016.
Quale che sia l’assetto finale di un sistema previdenziale pubblico e del connesso sistema previdenziale complementare privato (cui oggi aderisce purtroppo solo un lavoratore dipendente su quattro) l’informazione riveste un ruolo fondamentale. Conoscere i propri destini previdenziali è indispensabile per fare le scelte che contano davvero. Presto l’Inps dovrebbe lanciare a regime una comunicazione completa sui conti integrati previdenziali, assolvendo a un progetto perseguito da anni che sembra finalmente arrivato all’«ultimo miglio». In attesa delle prossime correzioni alla riforma, almeno questa pietra miliare dell’informazione previdenziale è bene che venga superata.
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