Molti automobilisti ricevono verbali da posti in cui non sono mai stati, per ottenere ragione bisogna affrontare una maratona di burocraziaAhi, un’altra multa. E che crimine avremo commesso stavolta?
Però è strano: il verbale arriva da una città dove non andiamo da anni, o addirittura dove non siamo mai stati del tutto, non in auto almeno. Ma anche se la contravvenzione riguarda la vostra città di residenza, e
magari una strada che fate tutti i santi giorni, «chiedete sempre la foto che documenta l’infrazione» raccomanda Gianluca Di Ascenzo, presidente del Codacons «perché gli errori di lettura sono numerosi, e anche le contraffazioni di targhe». L’associazione stima ogni anno in Italia fra gli 80 e i 100 mila casi di targhe alterate con nastro adesivo e bianchetto, o addirittura clonate con strumenti professionali da criminali. Le cifre non sono confermate dalle fonti ufficiali, ma questo capita spesso.
La storia prende spunto da un caso concreto. L’automobilista riceve una foto scattata in una grande città italiana, una foto buia e sgranata, così scadente che non siamo in grado di pubblicarla: sul giornale non si vedrebbe nulla. Anche il comando nazionale della Polizia stradale, dopo averla visionata, confermerà che «la qualità è inadeguata». Su questa foto si distingue (a fatica) la sagoma di una Fiat 500 ma si legge (o si crede di leggere) la targa.
L’automobilista contesta la multa, rilevando che la sua vettura non è una 500 ma una Lancia Ypsilon. La Polizia locale ammette l’errore. Dichiara anche che la targa è stata letta male, perché nella foto una G sembrava una C. Ma nel frattempo il cittadino ha dovuto fare denuncia ai Carabinieri per segnalare che era in circolazione (a quanto gli risultava in buona fede) una targa contraffatta o clonata – il timore era che con l’altra auto, la 500, qualcuno investisse una persona o facesse una rapina. E lo stesso cittadino ha dovuto fare, a parte, un esposto al Prefetto della città in questione, unico titolato a cancellare la multa.
Diverse cose non hanno funzionato. Abbiamo chiesto al comando della Polizia locale della città in questione se al Comune non è possibile, incassando 100 euro per ogni multa, finanziare l’acquisto (nel giro di qualche giorno) di una macchina fotografica che scatti delle buone foto. Un anonimo funzionario ci ha risposto che «la foto va bene così». Incalziamo: visto che la foto è così buona, e il modello dell’auto è riconoscibile, non sarebbe forse il caso di fare un’ulteriore, piccola verifica, prima di far partire la multa? Essendo i vigili risaliti, dalla targa, fino al nome e all’indirizzo dell’automobilista titolare, non potevano anche verificare che la 500 della foto non corrisponde alla Ypsilon del proprietario? Il modello dell’auto è scritto nello stesso file del nome e dell’indirizzo. Risposta: «No, questo controllo non si fa». E tanto peggio per il cittadino.
Dal comando nazionale della Polizia stradale il primo dirigente Santo Puccia dice che presso di loro si opera diversamente: «Anche quando c’è la procedura semiautomatica, che parte dalla foto e arriva alla banca dati della Motorizzazione, noi verifichiamo se c’è corrispondenza fra l’auto della foto e quella dell’intestatario. E quest’attività ci porta a scoprire molte manomissioni». Un ispettore della Polizia stradale con lunga esperienza sul campo spiega: «Qualcuno altera le targhe credendo di ingannare le fotocamere, ma è facile smascherarlo. Nel mio ufficio ingrandiamo le foto e nel 99,9% dei casi scopriamo il vero numero della targa taroccata».
Le alterazioni possibili sono poche. Non è che una N possa diventare una Y: i tentativi sono sempre i soliti, cioè trasformare una C in una G, o una F in una E e cose simili, senza fantasia. Sai che grande furbizia, questi furbi.
«Per di più» incalza l’ispettore «la I, la O, la U e la Q, cioè le lettere che più si prestano alle alterazioni, nelle targhe vere non esistono. Non ci sono proprio. Se compaiono, si capisce immediatamente che c’è il trucco». E quando prendete gli imbroglioni? Il primo dirigente Puccia: «Non è più una questione amministrativa ma penale, e si passa il fascicolo alla magistratura».