ROMA
Aumenta il numero di lavoratori che stima di andare in pensione dopo 65 anni e si riduce quello di chi continua a pensare che potrà ritirarsi prima. Ma una maggioranza assoluta (68%) dimostra
ancora di non conoscere con precisione il metodo con cui verrà calcolata la pensione futura e quasi un lavoratore su due ha una stima ottimistica sul tasso di sostituzione che lo aspetta e,
quindi, del valore effettivo dell’assegno pensionistico rispetto all’ultimo stipendio.
Sono le evidenze più importanti che emergono dalla quarta indagine sulla previdenza pubblica e privata realizzata da Mefop – la società per lo sviluppo del mercato dei fondi pensione – su un campione di lavoratori diviso a metà tra aderenti e non aderenti a un fondo integrativo. L’indagine, la cui prima edizione risale al giugno 2006, è stata presentata ieri nella sede di Dexia Crediop, a Roma, e dimostra che la crisi economica ha modificato solo in parte la percezione dei lavoratori sul nostro sistema previdenziale.
Dopo l’ultima riforma varata con il decreto “Salva Italia” del novembre 2011 è diventato chiaro a quasi tutti che i requisiti di età sono stati innalzati. Ma la conoscenza del sistema contributivo resta molto scarsa. Per esempio, solo il 49% dei lavoratori con non più di 17 anni di versamenti sa che la pensione futura sarà calcolata con il contributivo puro e sono ancora meno (29%) i lavoratori con versamenti compresi tra i 18 e i 33 anni che sanno che i loro assegni saranno calcolati con un sistema misto a prevalenza contributiva. Cresce, invece, una consapevolezza di vulnerabilità del sistema previdenziale: tra il 2006 e il 2012 aumenta del 20% il numero di lavoratori che considera “non sicuro” sia il sistema pensionistico obbligatorio pubblico sia quello complementare, e il calo della fiducia (effetto della lunga crisi finanziaria) è più marcato per il secondo pilastro.
Sul fronte della redditività la maggioranza conferma di avere aspettative maggiori sulle pensioni private (attorno al 40% sia degli aderenti che dei non aderenti) mentre circa il 20% ritiene che i due sistemi offrano rendimenti simili; anche se ormai sembra acquisita la percezione di un basso grado di copertura sistema pubblico: per il 60/80% si renderà necessario ridurre più o meno drasticamente il tenore di vita.
Passando alle valutazione “politiche” non sorprende la maggioranza (65%) di giudizi critici sull’ultima riforma, mentre è del tutto sorprendente che più del 60% degli intervistati sostenga che con le ultime misure adottate si penalizzino i giovani, a riprova che il concetto di “equità attuariale” e tra generazioni non è stato compreso. Infine continua a rimanere elevato lo “zoccolo duro” di lavoratori che resta contrario a qualunque forma di adesione a un fondo pensione privato (tra il 30 e il 40%) mentre coloro che hanno aderito e che in maggioranza si dichiarano soddisfatti della scelta fatta poi rivelano di non conoscere con esattezza in quale profilo di rischio si sono collocati.
A discutere questi risultati, che offrono l’ennesima conferma della bassissima informazione dei lavoratori sui “fondamentali” del nostro sistema previdenziale si sono alternati Mauro Marè, presidente del Mefop, l’economista Luigi Guiso e il presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua. Tutti hanno concordato sulle responsabilità diffuse che hanno portato a questa situazione, con le mancate campagne informative sempre annunciate e mai realizzate dai tempi delle prime riforme previdenziali degli anni ’90. Questo livello di disinformazione è fonte di preoccupazione per l’Inps – ha detto Mastrapasqua – ma l’Istituto è pronto: «Siamo all’ultimo miglio, le banche dati sono pronte per aprire l’accesso all’estratto conto integrato per i lavoratori. Anche il ministro Enrico Giovannini ha confermato di voler procedere, ora si tratta solo di stabilire criteri e modalità».
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