Carissimi amici, sono consapevole che il tema in oggetto è di quelli che offrono maggiori difficoltà attesa la diversità delle opinioni espresse in merito.
Tuttavia l’importanza e l’attualità della questione mi impone qualche riflessione, che certo on vuole essere né completa né esaustiva dell’argomento trattato.
Importanza che deriva anche dal fatto che il problema non si pone solo tutte le volte che un subagente decida di chiudere il rapporto, ma può presentarsi anche quando sia l’agente a cessare l’attività – per un motivo qualsiasi – come impresa individuale.
Se poi l’agenzia sia condotta in forma societaria il problema si può verificare non solo nel caso di cessazione del mandato agenziale, ma anche in tutte le ipotesi di scioglimento del rapporto societario limitatamente ad uno o piu soci (morte, recesso, esclusione) quando si dovesse calcolare il valore del TFR (permettetemi di indicarlo cosi per brevità ) dovuto ai subagenti fino al momento in cui si è verificato detto scioglimento ai fini della liquidazione del valore della quota all’avente diritto piuttosto che nel caso di cessione della stessa ad un eventuale socio subentrante.
Ciò posto sembra necessario premettere che non esiste,ad oggi, un accordo collettivo di un qualche rilievo applicabile ai subagenti, ed è peraltro noto che tali accordi collettivi di diritto comune sono applicabili, in linea generale, solo agli iscritti ai sindacati che li hanno siglati o comunque quando essi siano stati in qualche misura richiamati ed applicati dalle parti (cfr assiuris n°2/08).
Pertanto l’unico accordo disciplinante i rapporti fra agenti e subagenti di assicurazione è quello del 19 dicembre 1941 che però non ha mai acquistato forza di legge per difetto di pubblicazione e quindi non rientra fra i contratti collettivi ed accordi economici corporativi con validità erga omnes rimasti in vigore ai sensi dell’art 43 D.Lt.369/1944- (cfr Cass.n°8661/87)
Pertanto in assenza di disciplina contrattuale veniva a crearsi un vuoto normativo che la giurisprudenza specie di merito, , ha cercato di colmare riconscendo al subagente il diritto al TRF ancorandolo a criteri di equità sostanziale. La misura di tale indennità era però di difficile individuazione e costrigeva a i Giudici a riferirsi per analogia ai criteri indicati talora negli accordi collettivi degli Agenti di Assicurazione (cfr Pretura Abbiategrasso sent 2/1/1978), talaltra agli Accordi degli Agenti di Commercio ( Pretura di Milano sent 20/1/1978) per riconscere ai subagenti una misura che andava fra il 2 e il 4% delle provvigioni liquidate in tutto il periodo di operatività.
Tuttavia la Cassazione ribadiva la illiceità di tali riferimenti sia perché tali accordi espressamente stabilscono la loro inapplicabilità ai rapporti di subagenzia (cfr da ultimo art. 1 comma 2 ANA 2003) sia perché – volendo qui trascurare per brevità le profonde differenze che contraddistinguo l’agente di commercio da quello assicurativo – in ogni caso il TFR riservato agli agenti doveva tener conto anche dell’ampio contenuto di oneri e rischi inerenti l’attività degli agenti che si presentava in misura alquanto inferiore nei rapporti di subagenzia ( Cass sent 21/1/1984 n°525 )
Una svolta si intravede con l’attuazione della Direttiva 86/653 sugli Agenti di Commercio cosi come recepita dal D.lgvo 303/1991 e dal D.lg 65/1999 che hanno riformato il disposto dell’art 1751 Cod civ.
Pertanto oggi sembra ormai pacifico in Giurisprudenza che in caso di scioglimento del rapporto, il subagente ha diritto all’indennità prevista dall’art. 1751 c.c. (nella nuova formulazione introdotta dal D.Lgs. 303/1991 e dal D.lgs. 65/1999 di attuazione della Direttiva Comunitaria 86/653 sugli agenti di commercio);
Precisamente, all’atto dello scioglimento del contratto, il preponente è tenuto a versare all’ agente ( subagente) un’indennità –definita indennità di cessazione del rapporto – se ricorrono “congiuntamente” (prima del D.lgs. 65/99 solo alternativamente) le seguenti condizioni:
a) l’agente ha procurato nuovi clienti o ha sensibilmente sviluppato gli affari con i
clienti esistenti, e il preponente riceve, anche successivamente alla cessazione del rapporto, sostanziali vantaggi dagli affari con tali clienti;
b) la somma corrisposta appare equa, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, e in particolare delle provvigioni che l’agente perde e che risultano dagli affari con tali clienti.
La norma prevede che l’indennità non è dovuta:
1) quando il contratto è stato risolto dal preponente per inadempimento imputabile all’ agente (e quindi subagente) che, per la sua gravità, sia tale da non consentire la prosecuzione anche temporanea del rapporto;
1) oppure quando l’agente (subagente) sia receduto ingiustificatamente dal contratto;
1) quando l’agente, (subagente) ai sensi di un accordo con il preponente, ceda ad un terzo i dirittie gli obblighi derivanti dal contratto.
(Si veda per tutti.Cass. sez Lav. 7/6/1999 n°5577 ; Cass. Sez. Lavoro, n. 5827/2002; Cass. civ. Sez. Lavoro 14febbraio 2006 n. 3196)
Benché la norma individui le condizioni per il diritto alla indennità di cessazione, non vi è tuttavia segnalato alcun parametro per la sua quantificazione (contrariamente a quanto indicato nell’art. 17 dir.comunitaria 86/653), limitandosi semplicemente ad indicare il valore massimo, che è dato dalla “media annuale delle retribuzioni riscosse dall’agente negli ultimi cinque anni” o se il contratto risale a meno di cinque anni, dalla media delle retribuzioni complessivamente riscosse nel periodo in questione.
La questione della quantificazione di tale indennità ha dato luogo ad una serie di pronunce contrastanti che ha indotto la Cassazione a rimetterealla Corte di Giustizia della Comunità Europea (ord. 20410/04) la questione realativa alla quantificazione di tale indennità.
Non ostante che La CGCE con sentenza 23marzo 2006 abbia stabilito una serie di punti fermi dai quali non potrà prescindersi, la Corte di Cassazione condue recenti pronunce ( n°21301 e 21309 del 2006) ha nuovamente affidato al Giudice di Merito l’elabvorazione di criteri di quantificazione che, alla luce del criterio di equità, consentano di dare attuazione pratica al disposto dell’art 1751 Cod civ.
Essendo questo lo stato dell’arte va conclusivamente segnalato che le disposizione di cui all’art 1751 Cod civ sono da dichiarate espressamente inderogabili a svantaggio dell’agente (subagente) e pertanto ogni modello contrattuale che violasse le disposizioni sopra richiamate sarebbe inevitabilmente nullo .
Conclusivamente lo stato di incertezza che ancora oggi caratterizza il problema può essere superato solo se si utilizzi un modello di incarico conforme alla normativa vigente. Per questo motivo e’ da ricordare che recentemente lo SNA ha predisposto un modello di lettera di incarico (ed aprile 2008) che in modo aggiornato disciplina tutti i complessi aspetti inerenti il rapporto di subagenzia indicando, fra gli altri, precisi criteri per la liquidazione del TFR al subagente. Tali indicazioni oltre a risposndere a criteri di equità con i collaboratori contribuendo a fidelizzarne il rapporto,. consentono di dare certezza nella risoluzione di numerosi problemi, come quello in esame, , che, diversamente, potrebbero trascinarsi a lungo nel tempo e sarebbero comunque rimessi all’alea che consegue ogni valutazione discrezionale da parte del Giudice in tutti i frequenti casi in cui, come sopra si è detto, è necessario quantificare il TFR ai subagenti –
AVV. PAOLO DE ANGELIS – FIRENZE