Condomina cade sulle scale bagnate: responsabili dei danni il condominio e l’amministratore

a12875-caduta-scale-responsabilitaIl Condominio e l’amministratore sono responsabili dei danni subiti da una condomina scivolata sulle scale bagnate in quanto custodi anche se la caduta è stata provocata da un agente esterno (impresa di pulizie).

E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione III Civile, con la sentenza del 22 novembre 2016, n. 23727, mediante la quale ha rigettato il ricorso e confermato quanto già deciso dalla Corte d’appello di Venezia con la sentenza n. 831/2013.

La vicenda

La pronuncia traeva origine dal FATTO che con atto di citazione del 2001 ALFA esponeva di aver subito danni fisici scivolando, mente usciva dalla propria abitazione, sulle scale condominiali bagnate perché oggetto di pulizia.

Premesso di non conoscere l’impresa delle pulizie, domandava il risarcimento all’amministratore di condominio, CAIO, nella sua qualità di custode, e al condominio ex art. 2043, c.c.

Si costituivano i convenuti e l’impresa di pulizie, oltre alla compagnia assicuratrice del condominio, SAI, chiamate in causa dai primi, tutti contestando le pretese avversarie.

Il Tribunale di Padova rigettava le domande, rilevando che custode era il condominio e non il suo amministratore in proprio, e che, nel resto, difettava la dimostrazione del nesso causale relativamente alla domanda spiegata a titolo aquiliano generale, con conseguenti oneri probatori.

La Corte di appello di Venezia riformava la decisione di prime cure, affermando la responsabilità ex art. 2051, c.c., sia dell’amministratore che del condominio, previa riqualificazione a tale titolo della domanda, sull’assunto conclusivo della pericolosità della cosa custodita anche se innescata da un agente esterno. Al contempo dichiarava inammissibile la domanda di manleva e garanzia, verso l’impresa di pulizie e la compagnia assicuratrice, in quanto non riproposte con appello incidentale ma solo con un generico e appunto tardivo richiamo, in sede di precisazione delle conclusioni, a quelle formulate in primo grado.

Il condominio e l’amministratore, proponevano ricorso per cassazione affidato a sei motivi.

Per quanto è qui di interesse, i ricorrenti con il primo motivo lamentavano la violazione e falsa applicazione dell’art. 2051, c.c., in

relazione alla “mancata verifica del nesso di causalità tra danno e cosa presuntamente pericolosa”. In sintesi, il ruolo causale autonomo dell’agente esterno, nel caso in parola l’acqua sulle scale, non riferibile al condominio, sarebbe stato degradato erroneamente all’irrilevanza.

Con il secondo motivo deducevano la violazione e falsa applicazione dell’art. 2051, c.c., sotto il profilo della mancata considerazione quale fortuito della presenza dell’acqua sulle scale, e, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c., l’omesso esame dei motivi della presenza della suddetta acqua, che avrebbero dovuto indurre a ritenerla estranea alla custodia posta a base della responsabilità.

Con il quinto motivo lamentavano la violazione dell’art. 346, c.p.c., per essere stato ritenuto necessario l’appello incidentale riguardo alle domande di manleva e garanzia pertanto dichiarate inammissibili.

Con il sesto motivo lamentavano l’omesso esame delle domande di manleva e garanzia affermandone senza motivazione la tardività nonostante fossero state riproposte nelle conclusioni richiamando quelle di prime Cure.

La decisione

La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi, mediante la citata sentenza n. 23727/2016, ha ritenuto infondati i motivi ed ha rigettato il ricorso.

Il primo, secondo e terzo motivo, da esaminare congiuntamente per connessione, sono infondati. La qualificazione della domanda, in seconde cure, ex art. 2051, c.c., è da ritenere corretta poiché “quando la parte agisce prospettando condotte astrattamente compatibili con la fattispecie prevista dall’art. 2051 c.c. il giudice d’appello non è vincolato potendo operare la riqualificazione giuridica dei fatti costitutivi della pretesa azionata (Corte di Cassazione, Sezione III, n. 11805 del 2016), così come quindi non lo vincola, logicamente, il riferimento formale, della parte, all’art. 2043, c.c.”

Quanto al resto va rilevato che secondo la giurisprudenza di questa Corte, cui si intende dare seguito, “il caso fortuito idoneo ad escludere la responsabilità oggettiva ex art. 2051 c.c. può rinvenirsi anche nella condotta del terzo quando essa, rivelandosi come autonoma, eccezionale, imprevedibile ed inevitabile, risulti dotata di efficacia causale esclusiva nella produzione dell’evento lesivo” (Corte di Cassazione, Sezione III, n. 18317 del 2015).

Quanto al resto, sono intervenute, di recente, le Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 7700 del 2016, chiarendo come in caso di rigetto della domanda principale e conseguente omessa pronuncia sulla domanda di garanzia condizionata all’accoglimento, la devoluzione di quest’ultima al giudice investito dell’appello sulla domanda principale non richiede (come invece ritenuto dalla corte territoriale) la proposizione di appello incidentale (cui la parte totalmente vittoriosa in prime cure non può avere interesse), essendo sufficiente (quindi) la riproposizione della domanda ex art. 346 c.p.c.

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