Carige taglia la cedola e avvia le dismissioni prima dell’aumento

Raoul de Forcade

GENOVA

Nessuno dividendo per gli azionisti di banca Carige, taglio dei bonus per il top management, e vendita degli asset del gruppo, a cominciare dalle due compagnie

assicurative, ma senza l’esclusione di ulteriori beni (immobili compresi), per arrivare a coprire il più possibile l’importo dell’aumento di capitale da 800 milioni reso indispensabile, per il gruppo genovese, dagli orientamenti espressi da Bankitalia e Consob. È quanto ha deciso ieri il cda dell’istituto guidato da Giovanni Berneschi, dopo una lunga riunione in cui la Fondazione Carige, azionista di maggioranza del gruppo, con il 47% delle quote, ha fatto valere tutto il suo peso riguardo alla linea da seguire. Non a caso, una nota divulgata dalla banca dice, più volte, che, qualora la vendita delle compagnie e di eventuali altri asset non coprisse l’intero importo di 800 milioni, la parte residuale da coprire, con un aumento di capitale da parte degli azionisti, dovrà essere «la minore possibile».

È l’iter voluto soprattutto dalla Fondazione e poi votato all’unanimità dal cda. L’ente guidato da Flavio Repetto, infatti, a causa della mancata distribuzione del dividendo, perde una somma vicina ai 70 milioni e ha subito manifestato contrarietà alla sottoscrizione di un aumento di capitale, che avrebbe comportato un esborso cospicuo. Di qui la strada scelta di alienare gli asset, non solo quelli non strategici ma anche quelli che la banca ha considerato sempre molto importanti, come le assicurazioni, sia il ramo vita, più remunerativo (nel 2012 Carige Vita Nuova ha portato 18 milioni di utili) che quello danni (-169 milioni per Carige Assicurazioni). Il fatto di doversi adeguare ai nuovi coefficienti europei, ha spiegato il direttore generale di Carige, Ennio La Monica, «ci impone un cambio di strategia rispetto al passato».

Anche perché, proprio le assicurazioni, hanno contribuito a portare il bilancio consolidato del gruppo al 31/12/2012, approvato ieri dal cda, a un risultato netto negativo per 63,2 milioni. Un dato tutt’altro che soddisfacente per un istituto che, invece, è in buona saluta, come ha sottolineato lo stesso La Monica, sciorinando i numeri dell’area strettamente bancaria. Carige spa, infatti, «chiude il 2012 con un utile netto di 185,7 milioni (+17%); in più cresce il margine di intermediazione, sono stabili i crediti e la raccolta complessiva verso la clientela». Positivo anche «l’utile netto riferito al comparto bancario del gruppo, che risulta pari a 87,8 milioni e che sale a 195,1 milioni, normalizzati con l’esclusione delle poste non ricorrenti positive e negative». È chiaro che, di fronte a questi numeri, rovinati dal ramo assicurativo, sarebbe difficile sostenere, di fronte agli azionisti, la necessità di conservarlo. Via libera, dunque, alle cessioni, con un piano di rafforzamento patrimoniale per il quale Carige è assistita da Leonardo & Co e da Mediobanca. Cessioni che dovranno essere effettuate entro il 31 marzo 2014, data fissata per l’aumento di capitale. Ma la speranza, ha spiegato La Monica, è di chiuderle «entro il secondo semestre di quest’anno». E se davvero la vendita degli asset coprisse quasi interamente l’aumento di capitale, la Fondazione potrebbe anche non sottoscrivere la parte residuale, scendendo, magari solo di un paio di punti, nel capitale di Carige.

L’assemblea degli azionisti per ottenere il mandato a procedere all’aumento di capitale, previa vendita degli asset, è convocata per il prossimo 19 aprile. Significativo anche il fatto che la banca abbia rafforzato il patromonio di Carige Assicurazioni con 168 milioni (oltre ad ulteriori 48,5 milioni, finalizzati al rimborso anticipato dei prestiti subordinati in essere). Un fattore che rende la compagnia appetibile a un possibile compratore.

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