Assicurazioni gestite dalla camorra: gli affari illeciti delle Rc auto

La Dda di Napoli ha ricostruito la rete della gang casertana che era arrivata ad Avellino e Salerno

Avellino – A parlare della Rc-auto della camorra è stato un pentito. Si chiama Salvatore Venosa e, fino al suo arresto, è stato uno degli ufficiali di collegamento tra le «truppe» e il

superlatitante Zagaria. Ma attualmente c’è un’inchiesta della Dda di Napoli che ha scoperto il bussines che avveniva sopratutto in provincia di Avellino. Tagliandi con tanto di contratto e numero seriale di identificazione, posizionati in bella vista su lunotti e parabrezza di carrette asmatiche e spider, Suv e utilitarie. Secondo uno studio di Federconsumatori, la media europea dei costi per le assicurazioni è di poco inferiore agli 800 euro: il minimo si registra in Spagna con un premio annuale di 630 euro mentre il massimo si tocca – manco a dirlo – in Italia con 1250 euro. Che possono diventare anche 3500 euro in caso di un giovane neopatentato che sfrecci lungo le strade partenopee. Una zavorra per i bilanci lacrime e sangue delle famiglie. Facile, allora, in un contesto del genere, diventare un broker (criminale) di successo. La gang casertana aveva già esteso la sua rete di vendita ad Avellino e Salerno ed era pronta a sbarcare nella più ricca piazza napoletana. Reclutando, se necessario, anche assicuratori e concessionarie d’auto che «scasseranno insieme», si galvanizza uno degli indagati. In un’altra intercettazione ambientale, gli investigatori ascoltano il piano industriale del gruppo. «Ulderì, ma ci bastano pure duecento polizze alla settimana… – calcola a voce alta un complice – le compriamo a sei, le compriamo a cinque euro, le vendiamo a venticinque, sì e no sono quattromila euro alla settimana per uno… sono quattromila euro alla settimana, sono milletrecento euro per uno alla settimana.. ti rendi conto?». «Un altro affare nel quale Gigino (uno degli indagati, ndR) ha avuto un ruolo rilevante è quello delle polizze false e precisamente delle polizze “5 giorni” – dice al pm –. Si tratta di polizze che venivano vendute sia nelle agenzie che in altri posti non autorizzati e che erano conosciuti dalle persone dei vari Comuni a seguito di un passaparola. È un affare vantaggioso sia per i titolari delle agenzie che per i singoli affiliati che gestivano la distribuzione e vendita nei vari territori. Anche alcune concessionarie di autovetture si rifornivano di polizze false da consegnare ai clienti in occasione di acquisti di autovetture». L’ingordigia per il guadagno facile («dividiamoci la zuppa» aizza uno, e l’altro rilancia: «Il piano di guerra si deve fare bene ragazzi») e le attività investigative in corso su un diverso filone, riguardante le scommesse clandestine e tangenti agli imprenditori, alla fine fanno però saltare il banco. Gli «assicuratori» si incastrano da soli straparlando al cellulare. E nemmeno il tardivo richiamo all’ordine di uno dei capi dell’organizzazione («Giovanni non facciamo troppe telefonate… stiamo facendo troppo un macello, chiudi questo telefono… basta… muoviamoci con le macchine… due ore dopo non fa niente… però… Giovanni stop con il telefono… basta») riesce a salvare la situazione.

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